Se il soggetto incaricato di notificare una cartella di pagamento non trova il destinatario nel proprio luogo di residenza non può limitarsi ad apporre sulla relata la semplice e generica dicitura “sconosciuto in loco”, ma è obbligato a compiere ulteriori ricerche.
Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24082/2015.
Secondo gli ermellini, infatti, la suddetta dicitura è assolutamente generica e inidonea a soddisfare i requisiti previsti dall’art. 148 c.p.c.
A mente di tale pronuncia, “l’accertamento dell’irreperibilità assoluta del destinatario di un notifica, legittimante il ricorso alla procedura notificatoria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, lettera e), presuppone l’accertamento che le ricerche siano state effettuate, che siano attribuibili al messo notificatore e che siano riferibili alla notifica in esame”.
Pertanto, deve ritenersi illegittima la notifica della cartella di pagamento qualora sulla relata vi sia soltanto annotato che il destinatario risulta sconosciuto.
A tale conclusione giunge la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22635 del 2015, a mente della quale può essere riconosciuto al lavoratore il danno biologico da demansionamento anche nel caso in cui non venga accolta la domanda di mobbing.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha chiarito che il mobbing è una figura complessa, composta da molteplici atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo e guidati da un intento di persecuzione ed emarginazione.
Affinchè possa integrarsi la suddetta condotta devono ricorrere le seguenti condizioni: 1) una serie di atti persecutori con intento vessatorio posti in essere in modo sistematico e prolungato nel tempo; 2) l'evento lesivo della salute della personalità e della dignità del lavoratore; 3) il nesso eziologico tra le condotte e il pregiudizio subito dal dipendente; 4) deve sussistere l’intento persecutorio di tutti i comportamenti lesivi.
Quindi, anche nell’ipotesi in cui uno dei suddetti requisiti manchi e il mobbing non può ritenersi configurato, è comunque possibile che il giudice valuti ulteriori fatti singolarmente rilevanti.
Pertanto, la Corte d’Appello aveva legittimamente ravvisato l’esistenza di un danno biologico derivante dalla condotta di radicale e sostanziale esautoramento del lavoratore dalle sue mansioni, nonostante non fosse stata esclusa la sussistenza di qualsivoglia condotta persecutoria.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3081/2015, la responsabilità per tutti i danni occorsi ad un alunno nei pressi dell’edificio scolastico non è dell’insegnante.
Nel caso di specie, All’uscita di scuola un alunno spinse la compagna seduta sul parapetto della scalinata. La studentessa cadendo si procurò gravi lesioni e la docente fu accusata di omessa sorveglianza.
Ebbene, la Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell’insegnante, poiché gli obblighi di sorveglianza di quest’ultima sussistono solo quando l’alunno si trova all’interno della struttura scolastica e durante l’orario di lezione.
Solo nelle suddette circostanze, infatti, il personale scolastico è in grado di esercitare seriamente le proprie funzioni e di garantire l’incolumità e la sicurezza dello scolaro.
Con l’entrata in vigore del nuovo art. 2929 bis c.c. è divenuto inutile destinare il bene aggredibile dai creditori ad un fondo patrimoniale o donarlo ad un congiunto.
Infatti, il D.L. n. 83 del 2015 ha introdotto la predetta norma codicistica secondo cui “il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di un vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, ad esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza di vittorioso esperimento dell’azione revocatoria, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto.
La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa.
Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario.
Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.“
La norma in questione introduce una più ampia tutela per il ceto creditorio che, prima della suddetta novella legislativa, poteva solo proporre azione revocatoria per non vedersi sottratti i beni oggetto di atti di disposizione patrimoniale operati dal debitore.
In sostanza, quindi, il creditore poteva sottoporre a procedura esecutiva tali beni solo dopo l’esito positivo dell’azione revocatoria, dovendo necessariamente sottostare alle tempistiche processuali.
Oggi, invece, l’azione citata non è più indispensabile, dal momento che il creditore può procedere ad esecuzione forzata del bene se iscrive il pignoramento entro un anno dalla data di trascrizione del vincolo o della destinazione.
Pertanto, in tali casi, l’unico rimedio a tutela del debitore risulta essere l’opposizione all’esecuzione.
La Quarta Sezione della Corte Di Cassazione, con la sentenza n. 44132/2015, ha sancito l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131 bis c.p., al reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186, c. 2, lett. b, C.d.S., anche se ciò non esclude la sospensione della patente.
Tale applicabilità discende dalla collocazione sistematica della norma in esame nella parte generale del Codice Penale e, pertanto, astrattamente riferibile a qualsiasi fattispecie di reato.
Rilevano, altresì, gli Ermellini come la previsione di soglie di punibilità previste per il reato di guida in stato di ebbrezza non è incompatibile con la particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., atteso che: "la soglia svolge le proprie funzioni sul piano della selezione categoriale, mentre la particolare tenuità conduce ad un vaglio tra le epifanie nella dimensione effettuale secondo il paradigma della sussidiarietà in concreto".
Con riferimento ai reati soglia, prima di procedere al giudizio di tenuità, occorre necessariamente valutare se il fatto presenti un ridotto grado di offensività rispetto alla cornice edittale prevista dall’articolo di legge disciplinante il reato.
Nel caso di specie, infatti, all’imputato è stata riconosciuta la non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. per essere risultato positivo all’alcol test con valori vicinissimi a quelli minimi previsti dalla legge (0,85 g/l).
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