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 MARCHIO LA MORGIA

 

Nelle imprese maggiormente strutturate, seppur non necessariamente di rilevanti dimensioni, i soggetti apicali, a causa delle numerose attività da espletare, nonché degli adempimenti previsti dalle normative di settore, sono indotti ad affidare ad altre figure aziendali lo svolgimento di taluni compiti.
Ciò comporta una responsabilizzazione del soggetto apicale anche per adempimenti aventi carattere operativo o altamente tecnico che in un’organizzazione aziendale articolata sono effettivamente affidati a soggetti gerarchicamente subordinati a colui che ricopre la posizione verticistica.   
Tale distribuzione di compiti deve consentire necessariamente, per le mansioni delegabili, anche di trasferire eventuali responsabilità penali connesse all’adempimento degli obblighi giuridicamente previsti.

La delega di funzioni, ossia quello strumento giuridico diretto alla ripartizione dei compiti all’interno delle imprese, nella legislazione in materia di disciplina degli alimenti non si rinviene né a livello nazionale, né comunitario, ma è di derivazione giurisprudenziale.
L’unico accenno sulla legittimità della delega in ambito alimentare è riscontrabile all’art. 2 del d.lgs. 155/1997 in cui il responsabile dell’impresa alimentare è espressamente definito come “il titolare dell’industria alimentare ovvero il responsabile specificamente delegato”.
Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha tratteggiato quelli che possono essere considerati i requisiti minimi che una delega di funzioni deve possedere affinché sia astrattamente possibile considerarla valida ed efficace.

Innanzitutto, sotto il punto di vista oggettivo, viene in rilievo la complessità dell’organizzazione aziendale che deve essere tale da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità, diversamente la delega non potrebbe validamente rappresentare un limite alla penale responsabilità del legale rappresentante.

Inoltre, ai fini dell’esonero di responsabilità del delegante, al soggetto delegato, affinchè possano dirsi validamente trasferiti compiti e responsabilità, debba essere attribuito anche un potere di spesa idoneo allo svolgimento di tali funzioni senza che sia necessaria un’autorizzazione preventiva del delegante per l’impiego di tali somme.

Ovviamente, la predetta capacità finanziaria non può e non deve essere illimitata, ma commisurata ai compiti devoluti al delegato, in modo da potergli garantire un esercizio effettivo e concreto dei poteri di vigilanza e di intervento spettanti al delegante, soggetto geneticamente titolare della posizione di garanzia e titolare del precetto penale.

Sempre dall’analisi della copiosa giurisprudenza in materia, viene in rilievo un ulteriore requisito necessario ai fini della validità e dell’operatività della delega, ossia l’autonomia gestionale del delegato, intesa come potere di incidere sull’organizzazione del lavoro, sulla formazione dei dipendenti, 

Non solo, funzionalmente collegato all’esigenza giuridica di un’autonomia sia di spesa, sia di gestione, è l’ulteriore requisito della specificità della delega, il cui contenuto deve espressamente delimitare gli ambiti di responsabilità del delegato, nonché le funzioni ad esso trasferite e l’indicazione dei poteri di spesa.
A tal proposito, risulta rilevante la scelta del soggetto delegato, il quale deve necessariamente possedere conoscenze e competenze tecniche, scientifiche, amministrative e gestionali adeguate al corretto esercizio dei compiti oggetto di delega. 
Altrimenti, si potrebbe configurare in capo al delegante una responsabilità per aver scelto un soggetto privo della professionalità e dell’esperienza richiesta dall’esercizio dei compiti e poteri delegati (c.d. culpa in eligendo). 

Ad ogni buon conto, deve precisarsi che la presenza di una delega di funzioni rispondente ai requisiti appena richiamati non esonera tuttavia, sempre e comunque, il delegante da responsabilità, residuando in capo a quest’ultimo un obbligo di vigilanza sull’operato del delegato. Il delegante, dunque, continua ad essere titolare di doveri di vigilanza e di controllo sull’attività delegata, con la possibilità di una sua responsabilità nell’ipotesi di omessa o insufficiente attività di verifica sull’operato del designato.

 

 

 

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Lo studio nasce a Lanciano nel 1987 dall’iniziativa dell’Avv. Camillo La Morgia ed oggi riunisce professionisti con differenti background e competenze consolidate in una varietà di settori del diritto.

Le metodologie di lavoro adottate dallo Studio si caratterizzano per un approccio fortemente focalizzato su specifiche aree di attività che consente di fornire assistenza e consulenza legale.

La capacità organizzativa e il livello di esperienze consentono allo Studio di gestire anche operazioni complesse, garantendo sempre un lavoro accurato e un saldo rapporto fiduciario tra il singolo professionista e il cliente.

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